E noi qui a chiederci cosa ci sia di così scandaloso nella felicità di una donna e nella vittoria della ricerca sulle malattie genetiche.
Articolo di Repubblica: CAGLIARI - "Ce l'ho fatta, ho vinto la mia battaglia contro una legge ingiusta. Ora, tra un mese avrò finalmente il mio primo figlio e subito dopo vorrò averne un altro".
C'è una donna sarda di 37 anni - la chiameremo Federica, con un nome di fantasia - che esulta per la sentenza emessa ieri dal tribunale di Cagliari. I magistrati sardi hanno detto sì alla diagnosi preimpianto, mettendo così in discussione uno dei punti-cardine della legge sulla procreazione assistita, la numero 40. La signora, di Quartu Sant'Elena, terza città della Sardegna considerata una sorta di appendice del capoluogo sardo, è felicissima e con lei e il suo compagno lo sono il suo ginecologo Gianni Monni il suo difensore Luigi Concas che ieri ha dato la notizia a Radio Radicale.
E' il secondo passaggio della legge ad essere aggirato nella pratica: il primo, si era scoperto solo poche settimane fa, si realizza attraverso le diffide legali ai medici da parte delle pazienti per non ricevere l'impianto di tre embrioni. Una procedura che porta al congelamento degli stessi embrioni, pratica anch'essa negata dalle norme in vigore.
La vicenda di Cagliari era partita dal ricorso di Federica che, due anni fa, aveva chiesto di poter eseguire la diagnosi preimpianto prima di procedere con le tecniche di fecondazione in vitro perché portatrice di talassemia, malattia molto diffusa in Sardegna, al pari del diabete mellito. Con la decisione del giudice l'ospedale e il medico incaricato controlleranno lo stato dell'embrione, verificando se può essere colpito da talassemia. Solo nel caso in cui l'embrione sia sano il medico procederà all'impianto e alla gravidanza.
La decisione dei giudici cagliaritani ha provocato una marea di reazioni, al punto che ora il dibattito si sposta sulla modifica della legge. Per Vittoria Franco, senatrice dell'Ulivo e coordinatrice nazionale delle donne Ds, "si apre finalmente una finestra sulla legge 40, dopo la chiusura dell'ex ministro Sirchia". Per Filomena Gallo e il radicale Rocco Berardo, rispettivamente Presidente di "Amica Cicogna Onlus" e vice segretario dell'associazione Coscioni, la sentenza di Cagliari è un provvedimento che "interpreta la legge sulla fecondazione assistita alla luce dei dettami costituzionali, nel rispetto delle norme vigenti e dei diritti dei soggetti coinvolti nelle tecniche di fecondazione assistita". Per la vicepresidente dei Verdi, Luana Zanella, si tratta di "un'ottima notizia che apre finalmente il capitolo di questa norma ingiusta e punitiva".
Di tutt'altro tenore le prese di posizione dell'associazione "Scienza e Vita" secondo cui "la sentenza rappresenta un caso di eugenetica", mentre il capogruppo dell'Udc alla Camera, Luca Volontè, chiede al ministro della Giustizia "di verificare come le leggi vengano applicate dal tribunale del capoluogo sardo". Quanto alle senatrici teodem dell'Ulivo, Paola Binetti ed Emanuela Baio Dossi, ricordano che il 9 novembre del 2006 la Consulta aveva già dichiarato inammissibile la questione di legittimità costituzionale sollevata dal tribunale di Cagliari: "Una sentenza della Corte costituzionale non è qualcosa che si possa bypassare con facilità, anche se le malattie genetiche pongono inquietanti problemi alla scienza, alla bioetica e alla biopolitica". Per Isabella Bertolini, vicepresidente dei deputati di Forza Italia, infine, "è inaccettabile che in Italia la legge 40 sulla procreazione medicalmente assistita venga sistematicamente aggirata".
CITTA' DEL VATICANO - Come era prevedibile, non è piaciuta alla Chiesa cattolica la sentenza del Tribunale di Cagliari sul diritto per le coppie di far effettuare prima dell'impianto la diagnosi dell'embrione congelato in caso di ricorso alla fecondazione assistita. "La sentenza - ha commentato il segretario generale della Cei, monsignor Giuseppe Betori - appare in netto contrasto con la legge 40 e l'interpretazione della Corte Costituzionale: un giudice non può emettere un giudizio che smentisce la legge e la Consulta". Il segretario della Conferenza episcopale italiana, ha poi rincarato: "Pensavo che i tribunali applicassero le leggi e giudicassero in coerenza con esse".
A scandalizzarsi per la decisione della magistratura sarda è anche l'Udc, che per bocca del capogruppo alla Camera, Luca Volonté, ha chiesto l'intervento del ministro della Giustizia. ''Il Guardasigilli verifichi le cause che hanno indotto il Tribunale di Cagliari ad accogliere una richiesta di selezione degli embrioni ignorando il fatto che in Italia l'eugenetica è vietata", ha affermato l'esponente dell'Udc. "Mastella - ha aggiunto - ci faccia sapere domani al 'Question Time' in Aula se per caso il sistema giurisprudenziale italiano sia stato sostituito con il Common Law, con cui si giudica caso per caso e senza codice''.
Difende invece la scelta del Tribunale di Cagliari il ministro per il Commercio Internazionale Emma Bonino. "Per fortuna, un elemento di buon senso", ha commentato l'esponente radicale. "Questa sentenza - ha precisato - apre però la porta ad altre domande: in particolare, quando la tecnologia mette a disposizione o dei medicinali o delle soluzioni per problemi che il cittadino può avere, è possibile impedire a questo cittadino l'accesso alle tecnologie, con motivazioni religiose o di qualunque tipo? Io credo che la libertà del cittadino, in questo caso, vada salvaguardata". "Quindi - ha concluso Emma Bonino - spero che questa sentenza riapra questo tipo di discussione".
(25 settembre 2007)
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